Escono dalle fottute pareti!

Quella del titolo, oltre che una delle battute cardine del cinema sci-fi e action degli anni ’80 è anche un po’ quello che probabilmente molti di noi vorrebbero sentire urlare da qualche personaggio in una puntata qualsiasi di The walking dead. Delle prime tre stagioni della serie si era già discusso in questo blog e soprattutto si era analizzata la stranissima, quando non suicida, gestione degli showrunner nel corso della storia produttiva dello show. Il loro continuo avvicendarsi ha infatti portato alla creazione di una sorta di altalena, dove a fasi lente e riflessive si sono susseguite serie di puntate adrenaliniche e più improntate sul lato action della vicenda.

L’inizio della quarta stagione portava con sè l’ennesimo nuovo showrunner e molti erano i dubbi e i timori su quanto sarebbe potuto accadere dopo la defenestrazione di Glen Mazzara. Dubbi e timori che, purtroppo, sono stati brutalmente confermati almeno per quanto riguarda questa prima metà di stagione.

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Ancora una volta le enormi contraddizioni insite nella serie e derivanti per lo più dalla sua gestione si sono palesate nel peggiore dei modi: questa prima metà di quarta serie non è stato altro che un modo neanche troppo ricercato di prendere quanto fatto da Mazzara e buttarlo dalla finestra. Il precedente showrunner, infatti, nella terza stagione stava discostandosi di molto dal comic di partenza. La morte di Andrea nel finale di stagione, oltre che la probabile causa del suo allontanamento, è stato anche l’esempio più eclatante di questa tendenza nel creare una storyline originale. Se nel fumetto avevamo uno scontro sanguinoso tra il gruppo di Rick e quello del Governatore per la conquista della prigione, Mazzara aveva optato per una battaglia molto meno feroce, al cui termine il Governatore fuggiva con pochi fidati uomini, mentre il resto del gruppo si univa ai sopravvissuti della prigione.

L’inizio della quarta stagione sembrava promettere bene: buone scene di combattimento con gli zombi e in più l’introduzione di un’interessante nuovo arco narrativo in cui una misteriosa epidemia di influenza contagiava e uccideva la maggior parte degli abitanti della prigione. Quando si cominciava a sperare in qualcosa di veramente interessante, con alcune puntate magari un po’ verbose ma comunque buone, ecco il colpo di coda: le vicende della prigione vengono abbandonate per due puntate, in cui invece ci viene ripresentato il Governatore. Mentre nella prima abbiamo uno sviluppo interessante, in cui il personaggio sopravvissuto allo scontro con Rick sembra essere alla ricerca di una redenzione (donandogli così una profondità che aveva perso nel corso delle puntate della stagione precedente), nel secondo episodio a lui dedicato tutto frana grazia all’utilizzo di vicende artificiose e francamente poco plausibili la cui conseguenza è la creazione di un nuovo esercito ai suoi comandi.

Arriviamo così al finale di stagione, che non è altro che il remake dei finale della stagione precedente. Questa volta le cose vanno, più o meno, come nel fumetto e il Governatore attacca la prigione. Lui muore, la prigione viene distrutta e il gruppo di Rick è costretto a fuggire. Ecco allora che tutta la sottotrama dell’epidemia influenzale da elemento interessante, diventa un mero pretesto per sfoltire il gruppo e lasciare in vita i soliti personaggi principali che già avrebbero dovuto affrontare il Governatore molti episodi fa.

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Quello che è stato fatto, insomma, è stato resettare il lavoro di Mazzara e usare questa mezza stagione per tornare indietro e rifare quanto era già stato fatto. I dubbi che avevamo all’inizio ora sono aumentati e i timori per il proseguimento della serie ci sono più che mai (per quanto ora la prigione sia distrutta e The walking dead si sia sempre dimostrato migliore quando non bloccato in una unità di luogo statica). Staremo a vedere, anche se il pensiero della stessa serie realizzata da un altro canale, tipo la HBO, sarebbe sufficiente a farci sognare di gridare la fatidica frase: “Spuntano dalle fottute pareti!”